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Nuove modifiche al regime forfettario 2020

A cura di Matteo Mignardi | Dott. Commercialista, Ordine di Roma

Il regime forfettario, di cui all’art. 1, commi da 54 a 89 della L. 190/2014, può sembrare spesso conveniente per la maggior parte dei contribuenti con partita IVA individuale. Infatti, oltre all’applicazione dell’imposta sostitutiva dell’Irpef, addizionali regionali e comunali e Irap, l’adesione a questo regime comporta anche notevoli semplificazioni in materia di adempimenti contabili, e soprattutto ai fini IVA.
Ma non sempre è così.
E’ sempre opportuno, infatti, valutare approfonditamente il singolo caso. Va evidenziato come possano intervenire nella valutazione di convenienza ulteriori elementi da non sottovalutare, come detrazioni fiscali, anno di inizio attività oppure ulteriori redditi non assoggettati al regime dalla partita IVA. Oltretutto, va tenuto conto come dal 2020 saranno previsti nuovi e vecchi requisiti. Dovrà tenersi conto di cause ostative presenti nell’anno in cui il regime è nato, poi abolite nel corso del tempo, e nel 2020 resuscitate nuovamente.
Confermato anche per quest’anno il limite di ricavi o compensi percepiti, ragguagliati ad anno, di 65.000 euro. La prima grande novità riguarda l’introduzione del limite di 20.000 euro lordi per spese riguardanti il lavoro accessorio, spese per lavoratore dipendente e/o per collaboratori di cui all’art. 50 comma 1, lett. c) e c-bis) del TUIR. Continua invece ad essere irrilevante l’ammontare, oltre che del valore dei beni strumentali posseduti, anche di quelli acquistati nel corso dell’anno.
A differenza degli anni precedenti, tali beni strumentali si rilevano essere di particolare importanza per il regime forfettario, per come è stato delineato l’anno 2020. Infatti a tutti i forfettari è stata aperta la strada del beneficio relativo al nuovo credito d’imposta per “Investimenti in beni strumentali” introdotto in sostituzione di super e iper-ammortamento, ormai decaduti. La “novità” invece che riguarda le cause ostative, è soprattutto quella riguardante il limite di 30.000 euro per i redditi da lavoro dipendente e assimilati (artt. 49 e 50 del TUIR) percepiti nell’anno di imposta precedente. Causa ostativa che torna in vita dal lontano 2018. Di fatto nell’anno di imposta 2019, essendo stato abolito tale limite, una moltitudine di soggetti, per convenienza fiscale, hanno optato per tale regime forfettario. Oggi a distanza di un solo anno di imposta, tutti questi soggetti, si vedono reintrodotto quel limite reddituale, trovandosi costretti a mutare nuovamente il proprio regime fiscale. Il regime forfettario viene inoltre precluso se, contemporaneamente all’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni, si detengano partecipazioni in società di persone, associazioni o imprese familiari (art. 5 del TUIR) o partecipazioni di controllo (diretto o indiretto) in società di capitali o associazioni in partecipazione, che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dal titolare di partita IVA in regime forfettario. Ai fini della verifica dell’attività andrà inoltre considerata anche la presenza di eventuali rapporti di lavoro tra società e il contribuente stesso in regime forfettario. Vengono esclusi infatti dal regime tutti quei soggetti che nell’ambito del regime agevolato emettono fattura nei confronti di soggetti terzi con il quale sussiste un rapporto diretto. Si pensi, ad esempio, alla fatturazione di prestazione di servizi o compensi in qualità di amministratore da parte del soggetto forfettario nei confronti della medesima società da lui stesso controllata. Scenario assai ricorrente. Sono esclusi inoltre dal regime agevolato tutti quei soggetti che abbiano instaurato nei due anni precedenti all’ingresso nel regime, un rapporto di lavoro dipendente, direttamente o indirettamente riconducibile al committente principale verso cui fatturano. La persistenza di un rapporto di collaborazione prevalente del soggetto forfettario nei confronti del “ex” datore di lavoro, fa presumere che l’adesione al regime forfettario possa mascherare in vero un rapporto di lavoro dipendente fiscalmente più vantaggioso. In questa ottica, vengono esclusi anche i professionisti che intraprendono l’attività in collaborazione con il medesimo soggetto con il quale sussistenza nei due anni precedenti un rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione se pur “esclusivamente” finalizzato allo svolgimento della pratica obbligatoria. Vengono invece ammessi al regime forfettario quei professionisti che continuano la “collaborazione” con il proprio “Dominus”, a patto che, nei due anni precedenti all’inizio della loro attività professionale non sussisteva “nessun” rapporto di lavoro all’infuori del “periodo” di pratica professionale propedeutico all’esame di stato. In questi casi la verifica deve essere effettuata con riferimento all’anno di applicazione del regime. Viene confermato invece l’esonero dagli obblighi di fatturazione elettronica per gli aderenti a tale regime agevolato, ad esclusione delle prestazioni effettuate nei confronti della Pubblica Amministrazione, nei confronti della quale deve sempre essere emessa fattura elettronica. Viene prevista, però, la riduzione di un anno dei termini di accertamento per chi, pur avendo scelto il regime forfettario, abbia comunque adottato il sistema di fatturazione elettronica. Gli anni suscettibili di essere esaminati ai fini dell’accertamento divengono pertanto solo cinque, in luogo degli attuali sei per il regime ordinario. Il termine ultimo per l’accertamento dell’imposta sarà quindi fissato al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui la relativa dichiarazione viene trasmessa.
Visti i più stringenti requisiti (oltre che i modesti incentivi previsti per questo anno 2020), si prevede una massiva chiusura di posizioni IVA, soprattutto per tutti quei soggetti dipendenti e pensionati che si sono visti reintrodurre il limite reddituale (per ciò che riguarda la certificazione dei redditi da lavoro dipendente o da pensione) alla soglia dei 30 mila euro. Coloro che, visti i vantaggi fiscali concessi nel 2019, avevano deciso di aprire una posizione fiscale, sfruttando il regime agevolato della partita IVA forfettaria, nel 2020, torneranno sui loro passi, riprendendo a svolgere le proprie attività in maniera “saltuaria”. In questa ottica non si può fare altro che prevedere uno scenario catastrofico, con una “sicura” perdita ai danni dell’erario a seguito delle prevedibili chiusure di molteplici partite IVA forfettarie. Aderire o meno al regime forfettario non sarà più solo una scelta di mera convenienza fiscale, ma prescinderà da tutto ciò, e costringerà tutti i soggetti a fare una vera e propria valutazione della propria situazione personale.

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