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Omesso versamento imposta di soggiorno: responsabilità penale o amministrativa?

L’imposta di soggiorno, prevista nuovamente dall’art. 4 del decreto legislativo n. 23/2011 dopo la sua abolizione nel 1990, è un’imposta locale a carico dei clienti delle strutture ricettive operanti nelle città d’arte e in tutte le località turistiche, i cui incassi devono essere destinati al sostegno dell’attività turistica nel territorio.
L’Art. 180 del “Decreto Rilancio” (DL n. 34 del 19 maggio 2020) ha introdotto delle modifiche nel rapporto tra il titolare o il rappresentante dell’impresa alberghiera o extralberghiera e l’Ente locale, definendo il gestore della struttura ricettiva “Responsabile del pagamento dell’imposta e del contributo di soggiorno”. Viene superata quindi la qualifica di “agente contabile”, figura perseguibile con il reato di peculato nei casi di omesso o ritardato riversamento dell’imposta incassata ai Comuni, con potenziale pena massima rispettivamente di dieci anni e sei mesi oppure tre anni di reclusione. Viene previsto ora “per l’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno […] una sanzione amministrativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”, pari al 30% dell’importo non versato. Quindi dall’entrata in vigore del Decreto Rilancio il gestore della struttura ricettiva cessa di essere agente contabile (togliendosi i panni dell’intermediario pubblico con relativi oneri) e diviene responsabile del pagamento dell’imposta (o contributo) di soggiorno, co-obbligato in solido unitamente al cliente, che di fatto rimane l’unico soggetto passivo d’imposta. A favore del gestore è stato previsto infatti il diritto di rivalsa per il tributo che deve pagare chi alloggia nella struttura ricettiva. E trattandosi di soggetto passivo dell’obbligazione (ma non dell’imposta) di riversare le somme incassate a titolo di imposta/contributo di soggiorno nelle casse comunali, nel caso di omesso o tardivo versamento il gestore andrà incontro solamente ad una sanzione amministrativa.
Ci troviamo quindi di fronte ad una vera e propria depenalizzazione del reato di peculato da parte dell’imprenditore alberghiero o extralberghiero?
Per poter dare una risposta certa, proviamo ad analizzare la norma. Considerando la nuova figura del “Responsabile del pagamento dell’imposta”, l’omesso versamento non rappresenterà più una forma di appropriazione indebita, che di per sé rappresenta il vero motivo dell’accusa di peculato (e non il mero omesso versamento); l’imprenditore invece in questo caso ometterà il versamento di denaro potenzialmente nelle proprie disponibilità. Inoltre, la nuova figura non è più riconducibile ad una forma peculiare di incaricato di pubblico servizio, il quale, nel caso si appropri di denaro in ragione del suo ufficio o servizio, è punibile per il reato di peculato ai sensi dell’art. 314 c.p.
All’indomani dell’entrata in vigore della nuova previsione, alcune sentenze hanno assolto dal reato di peculato l’imprenditore turistico in caso di omissione o ritardato versamento dell’imposta, anche di competenza di anni precedenti al 2020. Si veda ad esempio:
- Tribunale di Roma, sentenza n. 1520/20 del 02/11/2020;
- Tribunale di Perugia, sentenza n. 1936/20 del 24/11/2020;
- Tribunale di Rimini, Ufficio G.I.P., Decreto del 24/07/2020.
Proprio in quest’ultimo caso, il provvedimento del Tribunale di Rimini ha fatto riferimento ad un’“abolitio criminis”, ai sensi dell’art. 2, c.2, c.p., con riferimento anche a tutti gli illeciti posti in essere prima del 2020, ed ha dichiarato: “l’art. 180, comma 3, del decreto legge 19 maggio 2020 n. 34, convertito con la legge 17 luglio 2020 n. 77 […] avrebbe comportato una depenalizzazione del comportamento dell’albergatore che non versa al Comune quanto da lui incassato a titolo di contributo/imposta di soggiorno da parte dell’ospite, essendo l’omesso, ritardato o parziale versamento punito soltanto con una sanzione amministrativa”.
E’ stato evidenziato inoltre che “… con la modifica normativa introdotta dall’art. 180, comma 3, sopra citato, il gestore della struttura ricettiva non è più agente contabile, che procede alla riscossione dell’imposta di soggiorno per conto dell’ente comunale, ma diventa soggetto “responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno […] del contributo di soggiorno […] con diritto di rivalsa sui soggetti passivi”, […]. Lo stesso diventa, quindi, obbligato in solido per il pagamento dell’imposta di soggiorno con il cliente dell’albergo, che rimane il soggetto passivo dell’imposta. […] lo stesso non riscuote per conto del Comune denaro (che diventa pubblico fin dal suo incasso) e che poi è obbligato a versare nelle casse dell’ente locale, ma deve pagare al Comune, quale obbligato in solido, l’importo dell’imposta di soggiorno; il denaro che deve versare non è dell’ente pubblico ma proviene dall’ospite o, nel caso in cui questi non l’abbia corrisposto, dal proprio patrimonio, potendo essere costretto ad anticiparlo per il soggetto passivo, nei cui confronti ha un diritto di rivalsa di natura privatistica. […]”
Non è ancora possibile però parlare di orientamento consolidato, tant’è che altre procure hanno aderito all’orientamento più restrittivo, attribuendo rilevanza penale alle condotte illecite commesse prima dell’entrata in vigore delle nuove previsioni (19 maggio 2020). Recente è infatti la sentenza della Corte di Cassazione n. 36317, depositata il 17/12/2020, la quale ha attribuito all’imprenditore il “vecchio” ruolo di agente contabile, incaricato della riscossione e del versamento dell’imposta incassata nel 2018.
Tralasciando interpretazioni personali, tale sentenza può difficilmente trovare sostegno tra gli operari del settore e non. Si consideri innanzitutto l’ipotesi del diverso trattamento dei cittadini per situazioni identiche, contrariamente a quanto previsto dall’art. 3 della nostra Costituzione (stesso reato valutato in maniera differente se risalente a prima o dopo il 19/05/2020), senza contare i già gravi problemi dettati dalla pandemia Covid-19.

MODELLO 21 E NUOVA DICHIARAZIONE ANNUALE
Oltre alle strutture alberghiere ed extralberghiere “pure”, anche i titolari di locazioni (brevi) turistiche devono richiedere l’imposta di soggiorno agli ospiti, anche se non sono mai stati obbligati a presentare il modello 21 presso il Comune (perché non considerati agenti contabili). A seguito dell’innovazione legislativa introdotta dal già citato articolo 180, comma 3, del Decreto Rilancio, però, il nuovo “responsabile del pagamento dell’imposta o contributo di soggiorno” (incluso questa volta anche il titolare di locazioni turistiche) dovrà presentare una dichiarazione annuale esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno di ogni anno, partendo dal 2021 con gli importi incassati dal 19 maggio al 31 dicembre 2020. In caso di omessa o infedele presentazione della dichiarazione è prevista una sanzione amministrativa dal 100% al 200% dell’importo dovuto.
Ricordiamo inoltre le altre sanzioni amministrative applicabili dai Comuni in caso di omesso o ritardato versamento dell’imposta/contributo di soggiorno:
- Sequestro beni (mobili ed immobili) e conti correnti bancari;
- Chiusura o sospensione SCIA/autorizzazione comunale (prevista anche per irregolarità riguardanti le altre imposte locali: Imu, Ta.Ri., etc).

Matteo Mignardi | Dott. Commercialista Specializzato nel settore extralberghiero

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