Iperammortamenti 2026 per industria 4.0 fino al 180%

| 26/11/2025

Tra le novità inserite nella bozza del Decreto Bilancio 2026 figura una misura molto attesa dalle imprese: una nuova maggiorazione dell’ammortamento per chi investe in beni strumentali destinati a strutture produttive situate in Italia. L’obiettivo del Governo, già ampiamente proiettato allo sviluppo industriale del Paese dopo molti anni di disinteresse da parte dei Governi precedenti, é incentivare gli investimenti in tecnologia, efficienza energetica e innovazione, alleggerendo al tempo stesso il carico fiscale. In questo modo le aziende già presenti avranno un vantaggio economico rispetto ai competitor stranieri e questi stessi verranno attratti dalla prospettiva di avviare produzioni in Italia con fortissimo riflesso su lavoro aumentando l’occupazione.

La misura prevede che, ai soli fini fiscalmente rilevanti, il costo dei beni acquistati venga “gonfiato” per determinare un ammortamento più elevato. Questa maggiorazione varia in base all’ammontare dell’investimento:

  • 180% per spese fino a 2,5 milioni di euro;
  • 140% per investimenti oltre 2,5 milioni e fino a 10 milioni;
  • 120% per investimenti oltre 10 e fino a 20 milioni;
  • 100% per la parte eccedente i 20 milioni.

Gli investimenti dovranno essere effettuati dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2026, con possibilità di completamento entro il 30 giugno 2027, purché entro fine 2026 l’ordine risulti accettato e sia stato pagato almeno il 20% del costo. Restano escluse le imprese soggette a procedure concorsuali o colpite da sanzioni interdittive ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Per le imprese regolari, inoltre, l’agevolazione é subordinata al rispetto delle norme su sicurezza sul lavoro e contributi.

La maggiorazione riguarda tre categorie principali:

  1. Beni materiali e immateriali 4.0: Si tratta dei beni dei noti Allegati A e B della legge 232/2016, a condizione che siano interconnessi ai processi aziendali o alla filiera produttiva.
  2. Impianti per l’autoproduzione di energia rinnovabile: Sono ammessi anche gli investimenti finalizzati all’autoconsumo, inclusi i sistemi di accumulo. Per il fotovoltaico, valgono solo i moduli conformi alle tipologie previste dal D.L. 181/2023.
  3. Beni che migliorano l’efficienza energetica: Rientrano ad esempio motori elettrici, gruppi frigo, pompe di calore, sistemi di illuminazione, isolamento termico o impianti aria compressa. L’investimento deve portare una riduzione dei consumi almeno del 3% sull’intera struttura produttiva o del 5% sui processi interessati, certificata con perizia asseverata.

Il processo passa attraverso una piattaforma dedicata del GSE – Gestore dei Servizi Energetici, società interamente controllata dal Ministero dell’Economia che svolge un ruolo centrale nel sistema energetico nazionale. La sua funzione principale é promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, gestendo una serie di incentivi, procedure tecniche e piattaforme informatiche collegate alla produzione e al consumo di energia “verde”. Su questa piattaforma l’impresa dovrà inviare una comunicazione preventiva, indicando l’investimento programmato e poi trasmettere, entro 3 mesi dalla conclusione, la comunicazione di completamento. Sarà poi il Ministero delle Imprese e del Made in Italy a confermare l’agevolazione, tenendo conto del limite complessivo di spesa previsto.

La maggiorazione si può cumulare con altri incentivi nazionali o europei, purché non vengano finanziate due volte le stesse quote di costo e non si superi la spesa effettivamente sostenuta. La norma precisa inoltre che non si applica agli investimenti che ricadono nelle disposizioni dell’art. 1, comma 446, della legge 207/2024 e, soprattutto, non é riconosciuta agli investimenti remunerati secondo il modello regulatory asset base (RAB). Il Regulatory Asset Base (RAB) é un sistema usato soprattutto nei settori regolati – ad esempio energia, gas, acqua – in cui le tariffe riconosciute agli operatori vengono calcolate applicando un rendimento predeterminato al valore degli asset necessari per erogare il servizio. In altre parole, l’autorità di settore definisce una “base regolatoria” sulla quale l’impresa riceve una remunerazione garantita, indipendente dall’andamento del mercato. Proprio perché questi investimenti godono già di una forma di ricavo stabilito per legge, il legislatore ha ritenuto opportuno escludere tali beni dalla nuova maggiorazione fiscale, evitando così una doppia forma di vantaggio economico. Un successivo decreto attuativo del Ministero delle Imprese e del Made in Italy definirà nel dettaglio adempimenti, documentazione e tempistiche in cui il GSE sarà incaricato della gestione e dei controlli, oltre allo sviluppo della piattaforma telematica.

Se il bene agevolato viene ceduto o spostato all’estero durante il periodo di ammortamento, l’impresa può mantenere il beneficio solo sostituendolo, nello stesso anno, con un bene nuovo dalle caratteristiche analoghe o superiori mentre se il nuovo bene costa meno, il beneficio prosegue fino a concorrenza del nuovo valore. Per quanto riguarda il calcolo degli acconti fiscali 2026, l’imposta del periodo precedente andrà determinata come se l’agevolazione non fosse mai stata applicata.