Bonifici esteri sotto ritenuta fiscale

| 01/02/2014

Da oggi le banche sono obbligate ad effettuare una ritenuta del 20% sui bonifici in arrivo dall’estero alle persone fisiche. Le ritenute saranno automatiche (a meno di precedente richiesta di esclusione) e spetterà poi al contribuente dimostrare che le somme non hanno natura di compenso “reddituale”. Entra così in vigore l’articolo 4, comma 2, Dl n. 167/90 modificato dalla legge 97/2013) che assoggetta a ritenuta d’acconto del 20% qualsiasi bonifico estero in entrata, percepito da una persona fisica. Le specifiche applicative si trovano nel provvedimento n. 2013/151663 del direttore dell’agenzia dell’Entrate del 18 dicembre scorso e il prelievo è frutto della decisione di considerare ogni bonifico proveniente dall’estero e diretto ad una persona fisica italiana, come una componente reddituale imponibile, salvo prova contraria che deve essere data dal contribuente che riceva la somma sul proprio conto corrente. Tuttavia, i primi versamenti all’erario da parte degli intermediari (principalmente le banche) andranno effettuati il 16 luglio, conguagliando in quel versamento tutte le ritenute maturate dall’1 febbraio fino al 30 giugno (e quindi accantonate e con gli interessi). Successivamente, si verserà la trattenuta ogni 16 del mese successivo all’effettiva percezione della somma. Quindi a tutti i contribuenti che riceveranno un bonifico dall’estero sul proprio conto personale, e non professionale o d’impresa, sarà applicata la ritenuta, a titolo di acconto che sarà, poi, scomputata in sede di dichiarazione annuale dei redditi.
Si tratta, quindi, di una vera e propria “trattenuta” che non sarà applicata solo nel caso in cui il contribuente dimostri che l’importo ricevuto o bonificato non abbia una connotazione reddituale ma solo ed esclusivamente patrimoniale: ad esempio, il bonifico in entrata potrebbe essere una restituzione di un finanziamento effettuato negli anni passati, oppure la restituzione di una caparra, data per la conduzione di una casa in locazione all’estero. E’ importante ribadire che la ritenuta non si applica alle persone fisiche che ricevano bonifici nell’ambito della propria attività d’impresa o di lavoro autonomo e quando la riscossione non avvenga tramite l’intervento di un intermediario finanziario.

In merito, si osserva che né l’art. 4 comma 2 del DL 167/90 né i chiarimenti forniti dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 38/2013 prevedono l’applicazione della ritenuta in argomento in caso di produzione di redditi fondiari. I canoni derivanti dalla locazione di un immobile situato in Italia costituiscono infatti redditi fondiari anche se il soggetto locatario risulta non residente. Nel caso di specie, quindi, il reddito fondiario percepito a seguito del pagamento del canone dall’estero non rientra nell’ambito di applicazione della nuova ritenuta “in ingresso”. Considerando che il prelievo vada in ogni caso effettuato, indipendentemente da un incarico alla riscossione, a meno che il contribuente non attesti che i flussi non costituiscono redditi di capitale o redditi diversi, in mancanza di tali informazioni, l’intermediario risulta quindi autorizzato ad effettuare il prelievo sull’intero importo del flusso ricevuto in pagamento anche se non inciso dalla ritenuta d’acconto. Pertanto, occorre fornire all’intermediario apposita autocertificazione nella quale si dichiara che il flusso proveniente dall’estero deriva da un reddito fondiario e quindi la legge non prevede l’applicazione della ritenuta in argomento. Laddove tale certificazione non fosse stata prodotta in tempo, poi, si ricorda che il contribuente potrà richiedere all’intermediario la restituzione dell’imposta non dovuta ovvero applicata in misura superiore a quanto dovuto entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello del prelievo. Secondo il provvedimento, il contribuente potrà esimersi dall’assoggettamento all’imposizione mediante l’esibizione di una autocertificazione, possibilmente preventiva, rispetto alla movimentazione finanziaria: purtroppo, però, lo stesso provvedimento non chiarisce ancora la valenza temporale di tale autocertificazione. Per prassi si ritiene che la presentazione di tale dichiarazione possa coprire, almeno, l’intero periodo d’imposta nel caso in cui si inserisca, all’interno della medesima, una breve descrizione preventiva sui flussi futuri che riguardino la medesima fattispecie giuridica. Come si evince dal tenore del provvedimento, non esiste neppure uno standard per l’elaborazione dell’autocertificazione ma, certamente, vi dovrà essere una “quadratura” fra beni e capitali detenuti all’estero (quadro RW del modello Unico) e i flussi reddituali in entrata: è probabile insomma che l’intermediario oltre alla autocertificazione possa richiedere al soggetto passivo l’esibizione del quadro RW dal quale si dovrà evincere quale bene abbia originato il flusso monetario in entrata.
Complesso, però, il meccanismo che prevede un ruolo primario al funzionario di banca che deve ricevere la dichiarazione del contribuente e valutarla. In ogni caso, che si effettui la ritenuta o meno, il nominativo del percipiente andrà segnalato dalla banca all’agenzia delle Entrate. E il contribuente ha tempo fino al 28 febbraio dell’anno successivo a quello della trattenuta per attestare l’impropria applicazione della ritenuta e chiedere alla banca la restituzione.