Doppia sanzione per ritenute non operate e non versate

| 21/12/2013

Nel caso di omessa ritenuta su redditi di lavoro dipendente ed omesso versamento all’Erario di detta ritenuta, trovano applicazioni due distinte sanzioni, una del 20% per le ritenute non operate, ed una del 30% per le stesse ritenute non versate. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 28528 di ieri.
La fattispecie esaminata dai giudici di legittimità riguarda l’ipotesi in cui il datore di lavoro corrisponda dei compensi ai dipendenti e non li sottoponga alla ritenuta d’acconto prevista dall’art. 23 del DPR 600/1973, e conseguentemente neppure la versi all’Erario. Tale situazione si verifica tipicamente a seguito di accertamento: nel caso della pronuncia in oggetto, ad esempio, l’Amministrazione finanziaria aveva riqualificato alcuni “oneri per trasferte” sostenuti dal datore di lavoro come compensi per prestazioni lavorative dei dipendenti, contestandone, quindi, l’omessa effettuazione delle previste ritenute, nonché il relativo versamento allo Stato.
A fronte di siffatte violazioni, il Fisco aveva applicato le sanzione di cui all’art. 13 del DLgs. 471/1997, ovvero del 30% per l’omesso versamento delle ritenute, nonché del seguente art. 14, secondo cui chi non esegue, in tutto o in parte, le ritenute alla fonte è soggetto alla sanzione amministrativa pari al 20% dell’ammontare non trattenuto, “salva l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 13 per il caso di omesso versamento”.
Il contribuente censurava la duplicazione delle sanzioni irrogate dal Fisco per il medesimo fatto, ma la Cassazione ha stabilito che in tal caso risulta applicabile il concorso tra le sanzioni di cui ai sopra richiamati artt. 13 e 14, sia per la diversità delle condotte punite, sia per il tenore dello stesso art. 14 che, dopo aver previsto la sanzione del 20% per la mancata effettuazione di ritenute, fa salva l’applicazione della sanzione di cui al precedente art. 13 per l’omesso versamento delle stesse. La Suprema Corte ha precisato che si tratta della tecnica normalmente adoperata in tema di concorso apparente di norme.
Mette conto di evidenziare che, invero, in un passato non recente, vi era stata una prima (ed unica) sentenza di segno contrario, con cui la Cassazione aveva stabilito che le due sanzioni, di identica natura, pur riguardando trasgressioni diverse, non possono però concorrere, non essendo ipotizzabile una duplicazione sostanziale di sanzioni a carico del medesimo contribuente, e cioè del sostituto d’imposta che, non avendo operato la trattenuta alla fonte, non abbia provveduto neppure al successivo versamento, poiché è del tutto teorica l’ipotesi del datore di lavoro che ometta di effettuare la trattenuta e provveda egualmente a versare l’importo relativo (Cass. 10568/1994).
Con la pronuncia successiva, tuttavia, i giudici di legittimità hanno subito preso le distanze da tale posizione, definendo l’ultimo inciso sopra riportato come una nozione priva di effettiva rilevanza giuridica, e statuendo, invece, che le condotte sanzionate sono diverse, trattandosi di inosservanza dell’obbligo di esecuzione delle ritenute nel primo caso e di inosservanza (totale o parziale) dell’obbligo di versamento nel secondo (Cass. 22855/2010).
In occasione della sentenza 19697 del 2011, peraltro, convalidando la tesi della correttezza delle due contestuali sanzioni nell’ipotesi di cui trattasi, la Suprema Corte ha osservato che tale interpretazione non confligge con il principio di proporzionalità della pena, come invece aveva asserito il contribuente accertato.
L’orientamento dell’odierna pronuncia, pertanto, deve ritenersi ormai consolidato, alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. anche Cass. 13757/2013).