Gestione commercianti per i soci lavoratori anche durante la liquidazione
Dott. Alessio Pistone | 03/02/2014
Salvo prova contraria, l’iscrizione alla Gestione commercianti dei soci lavoratori, basata sulla partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, resta ferma anche durante la fase di liquidazione della società, sia per i soci liquidatori che per gli altri soci che continuino a svolgere l’attività sociale, fino alla conclusione di tutte le operazioni liquidatorie, culminanti con la totale cessazione dell’operatività della società e la sua cancellazione definitiva dal Registro delle imprese. È il principio che emerge dalla sentenza n. 2064/2014 della sezione lavoro della Corte di Cassazione.
Al riguardo, occorre muovere dalla considerazione che, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, le società non si estinguono – determinandosi l’estinzione dell’ente societario soltanto all’atto della cancellazione dal Registro delle imprese – ma entrano in una nuova fase (la fase della liquidazione), durante la quale continuano ad esistere, pur perseguendo un diverso scopo sociale. Quest’ultimo, infatti, non è più quello di svolgere in comune un’attività economica con scopo di lucro, bensì quello di “liquidare” il patrimonio sociale, provvedendo a definire tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società, per giungere alla realizzazione dell’attivo e alla sua ripartizione tra i soci, previa soddisfazione dei creditori sociali.
Fatta salva la suddetta modificazione dello scopo sociale, la società in liquidazione permane comunque come gruppo organizzato e conserva la propria individualità, la propria struttura, la propria capacità e la propria autonomia patrimoniale, restando altresì immutato il vincolo contrattuale tra i soci, che continuano ad essere titolari di diritti ed obblighi. Ne è derivata l’affermazione, da parte della giurisprudenza, della continuità tra la società prima e dopo la messa in liquidazione, con la conseguenza che gli atti compiuti prima di tale momento continuano a produrre effetti e ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti della società stessa e dei suoi componenti (Cass. n. 29776/2008).
Inoltre, è vero che, ai sensi dell’art. 2279 c.c. (dettato per le società di persone), i liquidatori, incaricati di gestire la fase di cui si tratta, non possono intraprendere “nuove operazioni”, intendendosi per tali tutte quelle operazioni che non trovino la propria giustificazione nello scopo della definizione dei rapporti in corso, costituendo, al contrario, un vero e proprio atto di gestione d’impresa, suscettibile di esporrebbe a nuovi rischi il patrimonio sociale, pregiudicando anche il diritto dei soci alla quota di liquidazione. Non sono, tuttavia, considerate “nuove operazioni” quelle consistenti nell’esecuzione di ordini ricevuti dalla clientela prima dello scioglimento e, in generale, le attività necessarie a portare a termine gli impegni assunti in precedenza dalla società.
È, quindi, assolutamente possibile che i soci lavoratori, compresi quelli cui sia stato eventualmente attribuito l’incarico di liquidatori, continuino, nel corso del periodo di liquidazione della società, a svolgere un’attività riconducibile a quella svolta durante la fase precedente, determinante, per quanto qui interessa, l’insorgenza dell’obbligo contributivo nei confronti della Gestione INPS dei commercianti. Com’è noto, ai sensi dell’art. 1, commi 202 e 203 della L. 662/1996, tale obbligo sussiste in capo ai soci di società di persone (con estensione ai soci di srl) allorché:
– si sia in presenza di società operanti nel settore commerciale o “terziario”, organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro dei soci e dei loro familiari;
– i soci svolgano attività lavorativa all’interno della società stessa con carattere di abitualità e prevalenza.
Nel respingere il ricorso del socio liquidatore di una snc, nella sentenza in commento, la Suprema Corte ha, innanzitutto, affermato che le norme comuni in vigore nella Gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali continuano ad essere operanti anche per i soci incaricati di effettuare le operazioni inerenti la messa in liquidazione della società. Quindi, nel caso in cui detto incarico venga affidato ad uno dei soci lavoratori, il medesimo e gli eventuali altri soci aventi tale qualifica:
– fino a quando sussistano le condizioni di iscrivibilità sopra richiamate, con il limite, ovviamente, della data di cancellazione della società dal Registro delle imprese, hanno l’obbligo di rimanere iscritti alla Gestione del commercio;
– hanno diritto ad ottenere la cancellazione dalla suddetta Gestione, stante la cessazione dell’obbligo contributivo, soltanto qualora, prima o durante le operazioni di liquidazione, l’attività svolta dagli stessi risulti aver perso i requisiti dell’abitualità e della prevalenza.
L’assunto del mancato svolgimento in concreto di attività rilevanti ai fini contributivi deve, però, essere adeguatamente dimostrato con documenti e deposizioni testimoniali e ciò non era avvenuto nel caso di specie, con riferimento al quale, al contrario, il giudice del merito aveva ricondotto all’attività lavorativa determinante l’insorgenza dell’obbligo di contribuzione anche l’attività svolta durante la liquidazione della snc, ritenuta “in rapporto di strutturale continuità” con la fisiologica attività commerciale esercitata. La riferibilità dei compiti svolti nella fase liquidatoria all’originario oggetto della compagine sociale e alla sua classificazione merceologica, sostenuta nei precedenti gradi di giudizio, viene considerata congrua e correttamente motivata e, quindi, non più sindacabile in sede di legittimità.
A sostegno della propria decisione, la Cassazione richiama, inoltre, un principio più volte affermato in sede giurisprudenziale, secondo cui la stessa iscrizione alla Gestione in discorso e il suo mantenimento possono costituire una “presunzione semplice di continuazione dell’attività lavorativa”, in quanto chiari indizi di svolgimento attuale della stessa. Si tratta di indizi che potrebbero essere smentiti da una prova contraria, ma tale prova, nel caso in esame, non era stata fornita dalla parte a ciò onerata (Cass. n. 8651/2010 e 260/2009).