La società controllata chiede i danni alla persona fisica controllante

| 10/02/2014

Anche la società controllata/eterodiretta può agire in responsabilità nei confronti di chi esercita l’attività di direzione e coordinamento (società, ente o “persona fisica”, sia individualmente che congiuntamente) e tale azione può essere fondata anche su meri indizi, purché gravi, precisi e concordanti.
Sono queste solo alcune delle precisazioni rese dal Tribunale di Milano nell’imponente ordinanza del 20 dicembre 2013, relativa ad una richiesta di sequestro nell’ambito del caso Fondiaria-SAI.
La legittimazione attiva della società eterodiretta ad agire in responsabilità nei confronti dell’ente/soggetto dirigente consegue dai seguenti argomenti:
– la ratio della nuova disposizione, innanzitutto, ovvero il concedere tutela ai soci ed ai creditori della società controllata nei confronti dell’ente dirigente per la svalorizzazione della partecipazione o l’insufficienza della garanzia patrimoniale generica causate dall’esercizio abusivo dell’attività di direzione e coordinamento. Attività che determina un danno diretto alla controllata e solo “indiretto” a soci e creditori che, quindi, in assenza di specifica autorizzazione normativa, non potevano agire verso l’ente controllante ex artt. 1218 e 1223 o 2043 c.c. Ma se tale è la ratio della nuova norma, allora, per un verso, le va riconosciuta la funzione di ampliare l’area di responsabilità dell’ente dirigente anche verso soggetti e rispetto a posizioni giuridiche ulteriori, e, per altro verso, essa non può essere interpretata nel senso di limitare od escludere la legittimazione attiva di soggetti – in primis la società controllata – cui quella legittimazione era in precedenza pacificamente riconosciuta;
– la permanenza delle norme citate del codice civile, per cui non è dubbio che se la holding, esercitando attività di direzione e coordinamento in modo illegittimo, ha prodotto danni al patrimonio della società controllata, trattandosi di soggetti giuridici distinti, tale situazione genera in capo alla prima una responsabilità risarcitoria;
– la lettera dell’art. 2497 comma 3 c.c., che, prevedendo la possibilità che sia la stessa società controllata a risarcire i suoi soci e creditori del danno che indirettamente hanno subito per effetto dell’esercizio dell’attività dell’ente dirigente, legittima la stessa società eterogestita a rivolgersi all’ente dirigente per ottenere il risarcimento del danno, che altrimenti subirebbe addirittura due volte.
Il Tribunale di Milano sottolinea, inoltre, come sussista la legittimazione passiva della persona fisica che abbia esercitato attività di direzione e coordinamento, almeno quando essa la eserciti professionalmente, stabilmente e con adeguato impiego di mezzi. Nonostante la sostituzione del pronome “chi” con i sostantivi “società” o “enti” nell’art. 2497 comma 1 c.c., infatti, residua la possibilità di ricondurre la persona fisica nel novero degli enti, intendendo questo sostantivo in senso ampio, siccome dalla legge non ulteriormente qualificato, ed essendo indubbiamente anche la persona fisica un ente (= soggetto) giuridico, in quanto dotato di capacità giuridica.
D’altra parte:
– il pronome “chi” figura ancora nel disposto degli artt. 2497-bis comma 5 e 2497-quinquies c.c.;
– la consolidata giurisprudenza in materia fallimentare e lavoristica riconosce, rispettivamente, la fallibilità e la riconducibilità del contratto alla holding persona fisica che abbia esercitato attività di direzione e coordinamento;
– nel DLgs. 58/98 sono previste importanti norme che, facendo riferimento al “soggetto” che esercita attività di direzione e coordinamento, ovvero al “soggetto” che controlla la holding che esercita l’attività di direzione e coordinamento, includono la persona fisica tra gli “enti” che quell’attività esercitano (art. 12 comma 3 e 150 comma 1).
In un simile contesto, norme che dovessero escludere la legittimazione “passiva” della persona fisica dall’azione di responsabilità per illecita e pregiudizievole attività di direzione e coordinamento sarebbero costituzionalmente illegittime. E tali dubbi involgono l’art. 19 comma 6 del DL 78/2009, in base al quale, l’art. 2497 comma 1 c.c. “si interpreta nel senso che per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria”. Ma al di là di tali dubbi, la norma va collocata nel contesto sopra considerato, che già prevedeva e che continua a prevedere una legittimazione “attiva” in capo alla società controllata. L’efficacia escludente, quindi, si esplica solo in relazione all’art. 2497 comma 1 c.c., ovvero alla responsabilità diretta delle persone fisiche esercenti attività di direzione e coordinamento verso i soci e i creditori della società controllata, ma non, come accadeva nel caso di specie, all’azione della società controllata, che continua a poter agire nei confronti delle persone fisiche esercenti l’attività in questione.
Quanto alla natura dell’attività di direzione e coordinamento, si precisa come essa sia un’attività di fatto (pur giuridicamente rilevante e generativa di responsabilità), che può concretizzarsi solo come influenza dominante sulle scelte e determinazioni gestorie degli amministratori della società eterodiretta, che ne sono i naturali referenti e destinatari. In ciò distinguendosi anche dall’amministrazione di fatto della società controllata: l’ente dirigente non compie esso stesso gli atti di gestione della società eterodiretta, ma esercita un’attività atipica – che può assumere le modalità più svariate e che ha come destinatari gli amministratori della società diretta – consistente nella espressione di volontà dell’ente dirigente in ordine ad atti gestori che dovranno essere compiuti dagli amministratori della società diretta.
Non è ritenuto dubbio, infine, che l’attività di direzione e coordinamento possa essere esercitata da più soggetti (società, enti, persone fisiche) congiuntamente e che la stessa, al di fuori delle presunzioni di cui all’art. 2497-sexies c.c., possa essere dimostrata anche senza una prova diretta dell’esistenza materiale e del contenuto esatto della direttiva, essendo sufficiente l’acquisizione di indizi gravi, precisi e concordanti dell’influenza che ha concorso a determinare l’operazione dannosa.