Note di variazione in aumento anche dopo il termine annuale
Dott. Alessio Pistone | 14/02/2014
Le note di variazione IVA in aumento possono essere emesse senza alcun limite temporale, atteso che il vincolo annuale è previsto soltanto per le note di variazione in diminuzione, che possono essere emesse solo alle specifiche condizioni previste dalla norma. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 2249/2014.
L’art. 26, comma 2 del DPR 633/1972 conferisce la facoltà di emettere delle note di variazione in diminuzione dell’imponibile nel caso in cui l’operazione venga meno in tutto o in parte, a causa di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili eventi riguardanti il contratto, oppure per il mancato pagamento dovuto ad infruttuose procedure concorsuali o esecutive, o ancora a seguito dell’applicazione di abbuoni o sconti contrattualmente previsti. In tutte queste ipotesi, può essere emesse nota di variazione in diminuzione dell’imponibile, senza alcun limite temporale, cosicché il cedente/prestatore può esercitare il diritto a portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione, ed il cessionario/committente, a sua volta, può annotare la variazione nell’apposito registro IVA e ottenere la restituzione dell’importo pagato a titolo di rivalsa.
La stessa facoltà di emettere note di variazione in diminuzione è prevista anche dal successivo comma 3 del già citato art. 26, per l’ipotesi in cui tra le parti contraenti sia sopraggiunto successivamente un accordo. Tuttavia, in tal caso, la nota di variazione in diminuzione può essere emessa soltanto entro un anno dall’effettuazione dell’operazione ex art. 6 del DPR 633/1972.
La Cassazione ha chiarito, a tale ultimo proposito, che il soggetto passivo IVA che rilasci note di credito è vincolato a preordinare, in sede di registrazione delle operazioni, la prova che la riduzione si realizza entro un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile. Tale prova può essere fornita solo attraverso l’indicazione di quei dati che siano idonei a collegare le due operazioni. A tal fine, il contribuente deve dimostrare che vi è identità tra l’oggetto della fattura e della registrazione originaria, da un lato, e, dall’altro, l’oggetto della registrazione della variazione, in modo che esista corrispondenza tra i due atti contabili (cfr. Cass. 9188/2001 e 5356/1999). Inoltre, i giudici di legittimità hanno stabilito che l’emissione della nota di variazione presuppone una modifica del rapporto giuridico tra i due soggetti originari dell’operazione imponibile: cedente e cessionario di un bene, committente e prestatore di un servizio (cfr. Cass. 8455/2001).
Nel caso esaminato dalla Cassazione con la pronuncia in commento, una società aveva acquistato una grossa fornitura di acqua da un’altra società nel 1996. L’anno successivo, però, l’acquirente contestava la qualità della fornitura e così veniva emessa nota di credito per stornare l’operazione originaria. Nel 1998, a distanza di due anni, le parti raggiungevano un accordo, per cui veniva emessa una nota di debito per ripristinare l’operazione originaria. In forza di quest’ultimo documento, la società acquirente portava quindi in detrazione l’IVA addebitata. Secondo l’Ufficio, però, ciò non era ammissibile, atteso che ormai era decorso il termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione originaria per l’emissione della nota di variazione e, quindi, la stessa non avrebbe potuto essere emessa, con conseguente indetraibilità dell’imposta da parte della società acquirente.
La Cassazione non ha condiviso l’assunto della difesa erariale, stabilendo che, invero, il termine annuale per l’emissione della nota di variazione, previsto dal terzo comma dell’anzidetto art. 26, riguarda esclusivamente i casi previsti dal comma stesso, ovvero quelli di variazione in diminuzione, e non anche quelli di variazione in aumento dell’imponibile, come si è verificato nel caso di specie con l’emissione della nota di debito. Pertanto, quest’ultima non era soggetta ad alcun limite temporale ai fini della sua emissione e, quindi, l’imposta in essa indicata era stata correttamente detratta dall’acquirente. Il rilievo dell’Ufficio, in sostanza, era infondato.
È appena il caso di aggiungere, infine, che dalla parte motiva della pronuncia sembrerebbe desumersi che i documenti successivi alla fattura della società venditrice, ovvero la nota di credito prima e la nota di debito dopo, siano stati emessi dalla società cessionaria. Secondo l’Amministrazione finanziaria, invece, la nota di variazione IVA può essere emessa esclusivamente dal cedente dei beni ovvero dal prestatore dei servizi (cfr. C.M. 98/2000, § 3.3.2).