Sanzioni piene per la tardiva fatturazione

| 16/01/2014

La tardiva fatturazione di operazioni imponibili costituisce una violazione sostanziale agli obblighi di documentazione e registrazione in materia di IVA, comportando l’applicazione delle sanzioni previste e senza alcuna possibilità di considerare il ritardo come una mera irregolarità non sanzionabile a mente delle norme statutarie. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 656 di ieri, 15 gennaio 2014.
Come noto, l’art. 21 del DPR 633/1972 dispone che per ciascuna operazione imponibile deve essere emessa fattura al momento di effettuazione dell’operazione. Il successivo art. 23 stabilisce, poi, che il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell’ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro. Chi viola tali disposizione soggiace alla sanzione dal 100% al 200% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio, ai sensi dell’art. 6 del DLgs. 471/1997.
Nel caso esaminato dai giudici di legittimità, pur essendo pacifico che si verteva in ipotesi di tardiva fatturazione, il contribuente chiedeva la disapplicazione delle sanzioni irrogate, sulla base della disposizione di cui all’art. 10 dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000), in base al quale, tra l’altro, le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta. Secondo il contribuente, la tardiva fatturazione, di fatto, non aveva causato alcun danno all’Erario. Ne conseguiva che tale ritardo comportava soltanto una violazione formale non sanzionale in base alla citata disposizione statutaria.
La Cassazione, però, non ha condiviso tale assunto, stabilendo, invece, che le norme che fissano le modalità ed i termini di emissione e registrazione delle fatture hanno carattere generale e sono inderogabili in quanto connesse alle scansioni temporali dei versamenti dell’IVA. L’esigenza del rispetto delle modalità di fatturazione e registrazione trova giustificazione nel particolare meccanismo delle detrazioni d’imposta. Pertanto, sia l’omessa annotazione delle fatture nell’apposito registro IVA, sia la conseguente mancata contabilizzazione dei relativi importi in sede di dichiarazione annuale, determinano violazioni sostanziali alle prefate disposizioni normative, giacché incidenti sulla formazione del volume d’affari di cui all’art. 20 del DPR 633/1972 e dell’imposta dovuta.
La Corte di Cassazione ha aggiunto che le predette violazioni si configurano per il solo fatto oggettivo che il contribuente ha determinato, con il suo comportamento, il rischio per l’Amministrazione finanziaria di non conseguire il pagamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione annuale, ovvero di effettuare un rimborso non dovuto.
Tale posizione, peraltro, deve ormai ritenersi consolidata, atteso che in tal senso i giudici di legittimità si erano già pronunciati con la precedente sentenza 11662 del 2001, anche se in relazione al previgente sistema sanzionatorio di cui agli artt. 42, 43 e 44 del DPR 633/1972, poi abrogati e sostituiti con le disposizioni di cui al già ricordato art. 6 del DLgs. 471/1997.
Sul fronte della giurisprudenza di merito, inoltre, i giudici della CTC, con la sentenza 4251 del 1985, avevano stabilito che non è condivisibile l’assunto secondo cui la tardiva fatturazione di operazioni imponibili non cagionerebbe alcun nocumento per l’Erario, atteso che tale ritardo può invece determinare un notevole danno alle Casse statali ed un concreto beneficio all’impresa che, in tal modo, potrebbe versare l’imposta non nei termini stabiliti, ma anche molto tempo dopo.